Cucina arredata è soggetta a Iva ordinaria anche se tutt’uno con l’immobile ceduto

Roma – La cessione di una cucina arredata deve considerarsi come un’operazione distinta dalla cessione dell’unità immobiliare ed essere assoggettata ad aliquota IVA ordinaria. È quanto precisa lo Studio Legale Antonaci, in merito a un quesito posto ed esaminato dall’Agenzia delle entrate.

Una cucina arredata, sebbene sia in grado di conservare una propria individualità, è formata da beni ed elementi che, di norma, non sono destinati a incorporarsi e divenire parte della costruzione. Quindi, la cessione della cucina dal produttore o installatore non costituisce un’operazione avente ad oggetto un bene finito e, conseguentemente, detta operazione deve essere assoggettata a IVA con l’aliquota ordinaria.

La risoluzione esaminata dall’Agenzia è la n. 25 del 14 aprile 2021, riguardante la cessione di unità immobiliare con cucina. In particolare, è stato chiesto se la cessione di una cucina funzionante all’interno di un’unità immobiliare (cessione “a corpo”) costituisca, sotto il profilo IVA, un’unica operazione immobiliare oppure un’operazione distinta. Le cucine, infatti, non sono assimilabili ai “beni immobili” e nemmeno ai “beni finiti” e la loro cessione non è accessoria all’operazione principale. Secondo la risoluzione, l’immobiliare istante, che commercializza abitazioni con annesse cucine funzionanti, non può aspirare ad alcuna delle aliquote ridotte dell’Iva, in relazione alla compravendita delle stesse cucine.

In sostanza, l’amministrazione rileva che una cucina funzionante collocata all’interno di un’unità abitativa non possieda le caratteristiche proprie dei beni immobili definiti dall’articolo 13-ter del Regolamento (Ce) n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, vale a dire che non può dirsi:
“- incorporata nel fabbricato o nell’edificio, essendo, di norma, agevolmente smontabile e rimuovibile;
– parte integrante di un fabbricato o di un edificio: in mancanza di una cucina arredata il fabbricato o l’edificio non può dirsi incompleto, diversamente da quanto accadrebbe per l’eventuale mancanza di porte, finestre, tetti, scale e ascensori;
– installata in modo permanente in un fabbricato o in un edificio, potendo essere rimossa senza di per sé distruggere o alterare il fabbricato o l’edificio stesso”.
Inoltre, la questione in esame ha per oggetto una cessione di beni territorialmente rilevante, ai fini Iva, in Italia e quindi non sono pertinenti le Note Esplicative sulle norme Ue in materia diIva, richiamate dall’istante.

Non ci sono neanche le condizioni per considerare la cessione della cucina quale operazione accessoria (articolo 12, Dpr n. 633/1972) alla vendita dell’unità immobiliare ad uso abitativo. A tal proposito, l’Agenzia ricorda che, sulla base di numerose pronunce della Corte di giustizia Ue, recepite dalla Cassazione, con la risoluzione n. 88/2001, ha chiarito che per individuare le operazioni accessorie occorre verificare concretamente il nesso di dipendenza funzionale con la prestazione principale e il valore comparativo delle varie prestazioni. Con la stessa risoluzione ha precisato, altresì, che “le operazioni accessorie devono avere la funzione di integrare, completare e rendere possibile la prestazione principale”.

Tanto premesso, la cessione di una cucina funzionante non può costituire un mezzo per fruire nelle migliori condizioni dell’operazione principale, né per la sua realizzazione, ben potendo la cessione di un’unità immobiliare concludersi a prescindere dalla fornitura di una cucina arredata. In altri termini, la cessione di una cucina funzionante non costituisce un elemento senza il quale l’operazione principale di vendita dell’unità immobiliare non sarebbe possibile.

Per questi motivi, la vendita delle unità abitative costituisce, ai fini Iva, una cessione di beni distinta da quella relativa alle cucine. Quest’ultima, quindi, deve essere assoggettata ad aliquota ordinaria.

Infine, con riferimento all’aliquota Iva applicabile alla cessione della cucina dal produttore o installatore alla società istante, l’Agenzia si concentra sull’inquadramento dei beni finiti, alle cui cessioni è applicabile:
− l’aliquota del 4%, quando sono forniti per la costruzione, anche in economia, di fabbricati di tipo economico aventi le caratteristiche richieste dalla legge Tupini nonché delle costruzioni rurali (n. 24 della tabella A, parte II, allegata al decreto Iva)
− l’aliquota del 10%, quando, fra l’altro, sono forniti per la realizzazione di specifici interventi di (n. 127-terdecies della tabella A, parte III, allegata al decreto Iva).

Ebbene, anche alla luce dei chiarimenti forniti nel tempo (circolare n. 1/1994, risoluzioni nn. 39/1996, 353485/1982, 22/1998, 269/2007) l’amministrazione ritiene che una cucina funzionante, completa di tutti gli elementi normalmente impiegati per lo scopo a cui è destinata (elettrodomestici, mobili, sedie, tavoli, cassettiere, mensole, credenze, ripiani, eccetera), sia composta da un insieme di elementi che, complessivamente intesi, non possiedono le caratteristiche proprie dei beni finiti.
Una cucina arredata, infatti, sebbene sia in grado di conservare una propria individualità, è formata da beni ed elementi che, di norma, non sono destinati a incorporarsi e divenire parte della costruzione.
Di conseguenza, la cessione della cucina dal produttore o installatore alla società non costituisce un’operazione riguardante un bene finito ed è, pertanto, soggetta anche questa ad aliquota Iva ordinaria.

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