Regime agevolato per i neo residenti: precisazioni sui criteri di territorialità

Roma – L’Agenzia delle entrate chiarisce i dubbi di un’associazione che rappresenta soggetti che operano in Italia nel settore del private banking, cioè, precisa l’istante, l’insieme di servizi di investimento finanziari e di consulenza, personalizzati e dedicati alla gestione del patrimonio del cliente.

L’argomento sono i criteri di territorialità delle imposte sui redditi, sulle successioni e donazioni e di bollo, in relazione alle attività finanziarie detenute dalle persone fisiche che beneficiano del trattamento fiscale agevolato a favore dei “neo-residenti”, previsto dall’articolo 24-bis del Tuir. Il regime opzionale consente alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia dopo minimo nove anni degli ultimi dieci periodi di imposta trascorsi all’estero, di versare un’imposta sostitutiva dell’Irpef per i redditi prodotti fuori confine nella misura forfettaria di 100mila euro, a prescindere dalle somme percepite, per ogni anno d’imposta in cui è valida l’opzione. Il regime prevede anche limitazioni ai fini dell’imposizione diretta e successoria per i proventi di origine italiana.
Nel dettaglio, la norma dispone:

  • la non imponibilità in Italia di ogni reddito prodotto all’estero
  • l’inapplicabilità delle imposte sul valore delle attività finanziarie (Ivafe) e degli immobili (Ivie) detenuti fuori dai confini del territorio
  • la non applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazione
  • l’esonero dalla disciplina del monitoraggio fiscale.

Di contro, osserva l’istante, non è previsto nessuno sconto per i redditi prodotti dagli stessi soggetti in Italia o relativi ad attività situate nello Stato.

In relazione ad alcune difficoltà incontrate dagli operatori finanziari residenti in Italia o dalle organizzazioni italiane di intermediari non residenti, che intendono offrire servizi di investimento e di intermediazione finanziari ai neo-residenti, l’associazione chiede chiarimenti riguardo ai criteri di territorialità delle imposte sui redditi, dell’imposta sulle successioni e donazioni e dell’imposta di bollo relative alle attività finanziarie dei nuovi arrivati che hanno optato per il regime speciale.

In particolare, i dubbi riguardano gli eventuali effetti fiscali derivanti da:

  • un contratto di custodia con intermediari italiani
  • un contratto di gestione, amministrazione e consulenza con intermediari italiani, pur essendo depositate presso un conto estero
  • un contratto di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario stipulato con compagnie di assicurazioni estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi (Lps), nel caso in cui la riscossione dei proventi potrebbe essere eventualmente affidata a intermediari italiani.

In particolare, rispetto a quest’ultimo quesito, l’associazione chiede precisazioni rispetto all’applicazione dell’imposta sulle riserve matematiche (Irm) e dell’imposta sul valore dei contratti assicurativi (Ivca).

L’ultimo dubbio da sciogliere riguarda gli obblighi degli intermediari finanziari residenti ai fini del monitoraggio fiscale (articolo 1, Dl n. 167/1990) e delle comunicazioni all’anagrafe tributaria (articolo 7, Dpr n. 605/1973).

L’Agenzia delle entrate toglie, innanzitutto, ogni perplessità sui criteri con cui stabilire se un reddito prodotto all’estero debba essere tassato in Italia. La risposta è infatti nell’articolo 165, comma 2 del Tuir, che dispone che “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”. Come chiarito nella circolare n. 207/1999, l’articolo 23 indica nel dettaglio l’elencazione dei redditi prodotti dai soggetti non residenti che vengono assoggettati a tassazione in Italia. Per quanto riguarda i redditi di capitale si considerano prodotti in Italia e quindi imponibili:

  • i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti
  • i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da “beni” che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti.

In ogni caso, alcune fattispecie di redditi di capitale e di redditi diversi di natura finanziaria sono state escluse da imposizione anche se prodotti nel territorio dello Stato.
La circolare n. 207/1999, su richiamata, a tal proposito ha chiarito che per risultare imponibile nel nostro Paese, il reddito di capitale deve essere “prodotto” nel territorio dello Stato, ovvero, che l’impiego di capitale che lo ha generato sia effettuato in Italia e che l’effettiva corresponsione delle somme provenga dallo Stato, da un soggetto residente o da una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
In pratica, perché sia imponibile in Italia, il corrispettivo deve derivare da un contratto che obbliga il residente alla corresponsione delle somme e dei valori ricevuti per l’impiego di capitale. Non è sufficiente, precisa l’Agenzia, che detti proventi siano soltanto materialmente versati da soggetti residenti semplicemente incaricati di provvedere al pagamento.

Di conseguenza, i redditi corrisposti da Stati o soggetti esteri ai neo-residenti che usufruiscono dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24-bis del Tuir, non perdono la loro caratteristica di redditi di capitale di fonte estera e, quindi, mantengono le conseguenti agevolazioni fiscali non solo se sono riscossi all’estero, ma anche se le attività finanziarie estere, da cui gli stessi derivano sono, come nelle tre ipotesi proposte nell’interpello, oggetto di:

  • un contratto di custodia con intermediari italiani
  • un contratto di gestione, amministrazione e consulenza con intermediari italiani, pur essendo depositate presso un conto estero
  • un contratto di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario stipulato con compagnie di assicurazioni estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi (Lps), quando la riscossione dei proventi potrebbe essere eventualmente affidata a intermediari italiani.

Il documento di prassi approfondisce poi la problematica relativa al versamento dell’imposta sostitutiva dello 0,45% dovuta dalle imprese di assicurazione estere operanti in regime di libera prestazione di servizi (Lps) sull’ammontare delle riserve matematiche dei rami vita relative ai contratti di assicurazione stipulate da residenti.

L’Agenzia ritiene che in relazione a tali contratti stipulati dalle imprese di assicurazione estere operanti in regime di Lps non è dovuta l’imposta sulle riserve matematiche e stesso discorso vale per imposta sostitutiva sul valore dei contratti assicurativi dovuta dai soggetti attraverso i quali sono riscossi i redditi derivanti dai contratti di assicurazione esteri e che operano come sostituti di imposta su incarico del contribuente o della compagnia estera, nel caso in cui la compagnia non si avvalga della facoltà di provvedere agli adempimenti di sostituzione tributaria.

Proseguendo la lettura, la risoluzione chiarisce, facendo ancora riferimento alla circolare n. 207/1999, che sono considerati redditi diversi di natura finanziaria prodotti in Italia quelli derivanti “da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti“. Di conseguenza, riguardo l’imponibilità nei confronti di soggetti non residenti sono rilevanti le cessioni di partecipazioni in società residenti (ad eccezione di quelle espressamente escluse dalla norma), a prescindere dal fatto che i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione si trovino nel territorio dello Stato.
Per i titoli non aventi natura partecipativa, la norma non richiede che l’emittente sia un soggetto residente nel territorio dello Stato e, pertanto, sono imponibili le plusvalenze derivanti dalla cessione o rimborso di tali titoli anche se emessi all’estero (ad eccezione delle fattispecie espressamente escluse dalla norma), sempreché la cessione o il rimborso riguardi titoli che si trovano nel territorio dello Stato.

Dal quadro normativo emerge che i redditi diversi realizzati dai soggetti neo residenti per effetto della cessione di attività finanziarie detenute nel territorio dello Stato sono imponibili in Italia.
Ciò comporta che per applicare l’imposta sostitutiva alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società estere o di titoli non aventi natura partecipativa, maturate dai neo-residenti, occorre che tali attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano. La natura di reddito di fonte estera non viene meno a seguito della stipula di un contratto di amministrazione, gestione, consulenza.

I contribuenti che hanno aderito al regime in argomento, conferma poi l’Agenzia, non sono sottoposti agli obblighi previsti dal monitoraggio fiscale disciplinato dal Dl n. 167/1990. Così dispone il comma 153 della legge di bilancio 2017. Nessuna deroga, invece, per le connesse comunicazioni degli intermediari relative agli eventuali trasferimenti e quelle all’Archivio di rapporti finanziari.
Attività detenute all’estero esenti, inoltre, stabilisce ancora il comma 153 del Bilancio 2017, da Ivie e Ivafe, ma non dall’imposta di bollo per gli atti indicati all’articolo 13, comma 2-ter della Tariffa allegata al Dpr n. 642/1972.

Per quanto riguarda le imposte di successione e donazione, in deroga alla disciplina ordinaria, i beneficiari del 24-bis scontano la tassazione soltanto per i beni e i diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione (comma 158, legge di bilancio 2017).
Diversamente, infatti, l’articolo 2, comma 1, del Tus prevede che l’imposta è dovuta per tutti i beni e diritti trasferiti anche se situati all’estero. E il successivo comma 2 recita “Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.
L’Agenzia delle entrate, dopo aver riportato quali siano i beni esistenti in Italia, conclude, in accordo con l’associazione, che riguardo al criterio di territorialità ai fini dell’imposta prevale il criterio speciale e non rileva che le attività finanziarie estere siano oggetto di un contratto di deposito titoli e strumenti finanziari tra il soggetto agevolato e un intermediario finanziario residente in Italia o estero con stabile organizzazione in Italia.

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